
Nessun fotografo è uguale ad un altro e non esistono ricette buone per tutti in grado di farci migliorare. Esistono però alcune piccole abitudini che ci possono aiutare a crescere, soprattutto se messe in pratica con una certa insistenza.
DAMIOCI AL MANUALE Il rischio è suonare piuttosto ovvi, ma abituarci ad esporre in manuale sempre con maggior frequenza ci aiuta ad assimilare le operazioni relative all’impostazione di tempo e diaframma, fino a farle diventare una sorta di automatismo. Scattare in manuale, oltre naturalmente a garantirci il massimo controllo , ci obbliga a pensare ad ogni scatto e ad analizzare tutti i parametri a nostra disposizione. Farlo con regolarità ci farà diventare più rapidi e più precisi. Lo considero un ottimo esercizio per migliorare la nostra tecnica e la nostra reattività nei confronti della scena. Molti fotografi esperti ammettono candidamente di preferire una delle due modalità semi-automatiche al manuale puro. Non c’è nulla di male! Ma scattare in manuale è un ottimo banco di prova, per cui: impariamo a scattare in manuale con una certa maestria e poi scegliamo pure la modalità con la quale ci troviamo meglio.
CIMENTIAMOCI CON LE FOCALI FISSE Faccio una premessa: sono un fanatico degli zoom, che, soprattutto in viaggio mi aiutano a coprire al meglio la gamma delle focali, ma sarei un idiota nel non riconoscere la superiorità qualitativa di un’ottica fissa – chiamata in gergo anche prime lens. Sforzarsi, però, di scattare con ottiche fisse ci obbliga a rivedere un po’ il nostro modo di fotografare. Con un’ottica fissa, siamo costretti a sperimentare inquadrature alternative e questo ci costringe a pensare di più e ad abbandonare un po’ tutte quelle situazioni di estremo comfort che imbrigliano la nostra curva di apprendimento e di miglioramento. Con un’ottica fissa, siamo costretti a muoverci maggiormente dentro e fuori il perimetro della scena – non c’è la ghiera dello zoom che stringe o allarga il campo di ripresa! Inoltre, lavorando con ottiche fisse, ci si fa un’idea molto più precisa dell’influenza della focale sulla profondità di campo e su come viene resa la prospettiva.
AFFIDIAMOCI AGLI ISTOGRAMMI Non fate quella faccia. So che, soltanto a nominarli, a molti di noi si rizzano i capelli in testa. Eppure se imparassimo a fidarci più di quelle barrette e meno del visore, otterremmo fotografia decisamente meglio esposte. Gli istogrammi altro non sono che la rappresentazione del numero di pixel in corrispondenza dei diversi valori di luminosità. Ma siccome gli istogrammi rappresentano con precisione la distribuzione dei valori di luminosità del nostro scatto, sono il solo vero strumento per valutare l’esposizione. Controllare il visore può sembrare una soluzione efficace, ma i piccoli display sul dorso delle nostre reflex sono poco affidabili per ciò che riguarda l’effettiva esposizione – vanno benissimo per capire se abbiamo composto correttamente. Ecco perché è un ottimo esercizio imparare a leggere gli istogrammi, soprattutto per ottenere lo scatto voluto al primo colpo.
ANDIAMO OLTRE IL BILANCIAMENTO DEL BIANCO AUTOMATICO Il bilanciamento del bianco automatico solitamente funziona bene in quasi tutte le occasioni, ma imparare ad andare oltre ci aiuta a capire meglio come la nostra macchina fotografica ragioni in fatto di luce e colori. La luce difficilmente è neutra, pensiamo ad esempio a quella emanata da una candela e confrontiamola con quella che invece potremmo incontrare in una giornata nuvolosa. La prima è calda e gialla, la seconda è fredda e azzurrognola. Il colore della luce influisce sulla percezione del colore degli oggetti che la luce stessa investe. Un vestito bianco illuminato da una candela assume un tono aranciato, mentre se venisse illuminato da una luce filtrata da pesanti nubi grigie, virerebbe immediatamente al bluastro. Ciò nonostante, quella macchina perfetta che è il nostro cervello, non si lascia ingannare dalla dominante di colore introdotta dalla luce e rapidissimamente, ed in modo del tutto istintivo, si reimposta in modo da percepire i colori correttamente, superando in modo brillante l’ostacolo della dominante. La nostra reflex no – o meglio lo fa più o meno correttamente se impostiamo il bilanciamento del bianco automatico. Altrimenti, per riportare le cose sul binario corretto, in corrispondenza di una certa dominante introdotta dal colore della luce, la macchina aggiunge una dominante contraria. Ad esempio, nel caso della candela – dove la luce introduce una pesante dominante arancione – la macchina, per ripristinare la normalità, aggiunge del blu. E così, nel caso di una luce fredda, ad esempio uno scatto durante una giornata nuvolosa, la macchina bilancia gli azzurri introdotti dalla luce, aggiungendo dell’arancione. I pavidi posso continuare a muoversi nella comfort zone del bilanciamento automatico, noi altri possiamo invece provare a sperimentare bilanciamenti diversi, prima magari partendo dai vari preset presenti su ogni macchina, cercando di leggere la luce di accoppiare l’impostazione corretta, ma possiamo anche spingerci oltre e sperimentare un uso del bilanciamento del bianco decisamente più creativo. Se la nostra macchina ci permette di impostare la temperatura del colore (espressa in gradi Kelvin – K) proviamo a scattare un tramonto (luce molto calda) dicendo alla macchina che invece si tratta di una scena illuminata da una luce freddissima (ad es. 12.000 K). La macchina correggerà la dominante aggiungendo dell’arancione e teoricamente si tratterebbe di un errore, ma noi torneremmo a casa con uno dei tramonti più caldi e vibranti mai scattati.
IMITIAMO – ma con moderazione Scegliamo un fotografo che ammiriamo e proviamo a scattare imitandone lo stile e cercando di replicarne la tecnica. È un buon esercizio, ma non abusiamone: non vogliamo tramutarci in cloni, in gente che scatta come … Noi siamo noi e anche nella pratica fotografica dobbiamo tendere a trovare la nostra voce – magari passando per qualche sana imitazione, se ci aiuta a crescere.
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