Cosa determina l’anima di un luogo, ma, sopratutto, come possiamo fare per coglierla e renderla al meglio in uno scatto? Rispondere in tutta onestà a queste due domande non è per nulla facile. Non credo esista una definizione assoluta, in grado di guidarci tutti nell’impresa, anzi, sono fermamente convinto che ognuno riconosca anime diverse per i luoghi che incontra lungo i suoi viaggi e che la vera sfida sia cercare di andare oltre il luogo comune e lo scatto ovvio.
Evitiamo di correre dietro a tutto
Un po’ per il tempo limitato a nostra disposizione, un po’ per la sensazione di trovarci un luogo nel quale probabilmente non torneremo, sta di fatto che in viaggio molto spesso ci assale una fastidiosa ansia legata alla paura di non riuscire a cogliere tutto quello che ci sta attorno.
Mettiamoci il cuore in pace. Andrà proprio così: NON RIUSCIREMO MAI A FOTOGRAFARE TUTTO, perché è nella natura delle cose e, prima impariamo ad accettare questo aspetto come un dato di fatto della fotografia di viaggio e prima potremo lasciare che i nostri occhi e la nostra mente si dedichino a fotografare.

© Walter Meregalli – Slum sotto un ponte sul fiume Yamuna a Delhi.
Non per forza un solo scatto. La forza di un essay
Se pensiamo che esista un bugiardino infallibile che ci aiuti a cogliere l’anima di un luogo, siamo decisamente fuori strada. Ogni luogo ha caratteristiche diverse e ci suscita sensazioni diverse, dalla combinazione di queste sensazioni scaturisce quella che generalmente chiamiamo l’anima di un luogo, ma, dal momento che stiamo parlando di sensazioni, l’anima di un luogo non può che essere una questione decisamente personale. Credo che a questo punto sia più che plausibile porsi la domanda se abbia senso o meno voler ridurre a tutti i costi l’anima di un luogo in uno scatto.
Ci sono luoghi che si offrono alle nostre macchine fotografiche molto esplicitamente, ci rapiscono l’occhio e sembra quasi che lo scatto si componga da solo. Troppo facile, però! Dobbiamo stare all’erta, perché si tratta di quella categoria di luoghi per i quali tornare a casa con poco più di uno scatto ovvio è una pratica pressoché assicurata. Pensate al Taj Mahal e pensate alla solita inquadratura orizzontale dal portale principale, attraverso i giardini con le piscine… certo, caruccia, non dico no, non sto a discutere se sia o meno quella l’anima del Taj Mahal, ma di sicuro torneremmo a casa con una foto identica a qualche milione di altre foto scattate da qualche milione di altri fotografi. È questo quello che intendiamo per cogliere l’anima di un luogo?
Se abbiamo deciso di sintetizzare l’anima di un luogo in uno scatto solo, prepariamoci ad una certa sofferenza creativa, in particolar modo se vogliamo provare ad andare oltre allo scatto ovvio e già visto.
Possiamo però provare a raccontare il luogo attraverso una breve serie di scatti – essay – affidando ad un numero maggiore di fotografie il compito di cogliere l’effimera e personalissima essenza del luogo.
Qualche paragrafo sopra dicevo che non esiste un bugiardino che ci aiuti ad immortalare un luogo, è così, ma esistono esperienza e pratica, che ci possono aiutare nel momento del bisogno.
Ho provato a raccogliere qualche consiglio pratico
Consiglio numero 1 – L’importanza di perdersi
“Perdersi è l’essenza del viaggio”. Me lo confidò un giornalista americano in un bar di Kathmandu. Sarà stato per l’aspetto decisamente ascetico del personaggio, sarà stato per il fatto che fossi ancora piuttosto alle prime armi in fatto di fotografia di viaggio, decisi di prendere quell’affermazione per buona e provai a seguire quello strampalato consiglio. Il mio sconosciuto mentore aveva ragione.
Perdersi, aiuta fotografare un luogo molto meglio. Perdersi significa gironzolare senza una meta precisa, lasciarsi guidare dal luogo stesso, abbandonarsi e allontanare l’ansia di scattare a tutti i costi, Una volta arrivato sul posto, ho imparato a posticipare un po’ i primi scatti, come se quel tempo mi servisse per incontrare il luogo. Quanto tempo? Dipende da quanto ne abbiamo disposizione, dieci minuti, mezza giornata, due settimane… prendiamoci tutto il tempo che possiamo e impieghiamolo come una sorta di camera di decompressione per la testa e per gli occhi, senza però mai abbassare l’attenzione e la curiosità.
Consiglio numero 2 – L’importanza di rallentare
La fretta è il peggior nemico della buona fotografia, uccide la creatività, uccide la precisione e annacqua l’intenzione. Per cui, cerchiamo di pianificare per tempo, in modo da non trovarci incastrati in una routine massacrante o peggio ancora di dover rincorrere il tempo. Solo rallentando e facendo le cose con calma riusciremo a sfuggire alla trappola dello scatto cartolina.

© Walter Meregalli – In bicicletta di fronte all’Awa Mahal. La strada di fronte ad una delle icone di Jaipur è sgombra dal traffico soltanto nelle prime ore del mattino, non credo serva dire altro.
Consiglio numero 3 – L’importanza del momento giusto
Niente è fondamentale come trovarsi sul luogo al momento giusto. Ok, albe e tramonti sono un must, lo sappiamo ormai tutti, e sappiamo anche che è necessario arrivare sul posto con un certo anticipo, in modo da gestire al meglio la situazione, ma dobbiamo andare oltre.
Dobbiamo fate ricerca, cercare di capire se esistono momenti salienti durante la giornata, se esistono giorni particolari durante la settimana o ricorrenze importanti durante l’anno, perché quelli sono i momenti giusti.
L’alba sul Gange a Varanasi, il tai-chi in gruppo alle sette del mattino sul Bund di Shanghai, il mercato dei dromedari a marzo a Pushkar, Divali a Hiderabad, il festival del Burning Man a Black Rock City, nel Nevada, la fioritura della lavanda in Provenza e così via. Questi sono gli appuntamenti importanti che si trasformano in momenti giusti e che hanno la forza di farci catturare lo spirito del luogo.

La medina di Essaouira al crepuscolo. Finalmente gli scogli liberi
Consiglio numero 4 – L’importanza di uscire quando il turista dorme e mangia
Questo consiglio nasce da una certa pratica sul campo. Se vogliamo catturare lo spirito di un luogo, ahimè, saremo costretti a sacrificare parecchie ore di sonno, a saltare molte cene e a macinare chilometri, Il meglio di solito lo si immortala quando il turista medio dorme o mangia, che si traduce in levatacce prima dell’alba e cene fuori orario. Se viaggiamo con un compagno o con una compagna che non condividono la nostra passione per la fotografia è bene si arrivi ad una sorta di accordo preventivo, nel quale far presente le nostre necessità, questo ci aiuterà, quanto meno, a non litigare per colpa della fotografia.

© Walter Meregalli – Framed Taj È possibile andare oltre la solita inquadratura.
Consiglio numero 5 – L’importanza di vincere la pigrizia
Quando parlo di pigrizia, non per forza mi riferisco al desiderio di cedere all’ozio e a restare a letto. Altrettanto letale è la pigrizia mentale che, di fronte a luoghi iconici, prende il sopravvento e silenzia la creatività, facendoci accontentare di qualche scatto banale
Eggià, perché fare fatica, quando l’inquadratura è già lì, servita e pronta da scattare!? Proprio perché è già lì, per noi, come lo è stata per molti altri prima di noi e dopo di noi.
A meno che non ci si voglia accontentare dell’ennesimo scatto fotocopiato, ci toccherà tenere la soglia della creatività alta
Vinciamo la pigrizia, andiamo oltre, cerchia un’inquadratura alternativa e poi cerchiamone un’altra, azzardiamo un taglio più deciso, usiamo un 14 mm quando tutti userebbero un 120. Inseriamo un elemento umano, rendete così assolutamente unici e personali i nostri scatti personali, sarà un po’ come aggiungere la nostra firma che rende il nostro Taj Mahal davvero nostro.
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