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Autofocus per “dummies”

L’autofocus qualche volta mette in crisi molti, dummies o non dummies. Lo capisco dagli sguardi persi e dalle continue domande che mi vengono poste durante gli workshop e durante i photo tour e un po’ la colpa è proprio nel tentativo delle case costruttrici di rendere i sistemi di autofocus fin troppo intelligenti.

Negli ultimi decenni, l’autofocus – sui generis – ha fatto passi da gigante, supportato da una tecnologia sempre più sofisticata che ha permesso di  raggiungere un livello di efficienza decisamente elevata. I primi sistemi di autofocus erano semplicemente imbarazzanti, nel loro tentativo di imitare il funzionamento dell’occhio umano, che resta comunque il sistema imbattuto.

Le ultime generazioni di autofocus sono davvero sorprendenti, in grado di funzionare in condizioni di luce scarsa, di luce poco contrastata, capaci di riconoscere i volti presenti nell’inquadratura, di agganciarli e di mantenerli a fuoco.

Ma se tutto è così intelligente, per quale motivo l’autofocus continua a generare perplessità? Proprio per le sue prerogative di sostituirsi in automatico all’occhio e alla volontà del fotografo, che, qualche volta, possono produrre risultati del tutto inattesi e per nulla cercati. Proviamo a portare un po’ di chiarezza…

Autofocu SINGOLO, CONTINUO o AUTOMATICO?

Questa è la prima scelta che siamo chiamati a fare. In entrambe le modalità, l’autofocus si attiva premendo il pulsante di scatto fino a metà corsa. Nel caso di autofocus (AF-S), premendo il pulsante, la nostra fotocamera mette a fuoco sul soggetto inquadrato, ma lo fa soltanto una prima volta, per cui, se il soggetto nel frattempo si sposta, risulterebbe sfocato. Nel caso di autofocus (AF-C), la nostra fotocamera aggancia il soggetto per tutto il tempo che teniamo premuto a metà corsa il pulsante di scatto, anche se il soggetto si dovesse muovere nella scena.

… fin qui,  nessun grattacapo, ma ecco che arriva la terza modalità, la autofocus, scegliendo la quale la fotocamera prende il sopravvento, sceglie se seguire o meno il soggetto, ma, soprattutto, sceglie come farlo. Ed ecco che le cose s’ingarbugliano, perché non abbiamo il completo controllo su cosa verrà messo a fuoco, che è invece lasciato alla nostra reflex e ai suoi algoritmi che sostengono i diversi pattern di autofocus.

Ma cosa mette a fuoco l’autofocus?

Ecco la domandona! Dobbiamo capirlo da subito, se non vogliamo cadere vittime di trappole e ritrovarci con foto sfocate o, peggio ancora, elementi perfettamente a fuoco, ma che non c’entrano nulla con quello che ci saremmo aspettati.

Naturalmente, scegliendo a priori l’autofocus singolo (AF-S o OneShot), sbaraglia il campo da eventuali trappole ed errori, costringendoci però a riprendere il fuoco ogni volta che il soggetto si sposta (!). Solitamente, una volta in AF-S, quasi tutti i modelli di fotocamera ci offrono la possibilità di scegliere un punto solo di messa fuoco, che possiamo spostare all’interno del mirino (controllare il manuale!).

Anche scegliendo l’autofocus continuo (AF-C o AI Servo) restiamo in una zona piuttosto sicura, perché il lavoro sporco che lasciamo alla nostra fotocamera è piuttosto ridotto, limitandosi all’agganciare il soggetto e a mantenerlo a fuoco.

Scegliendo invece l’autofocus automatico (AF-A o AI Focus) sarà la macchina a scegliere il soggetto da mettere a fuoco, sostanzialmente, e lo farà affidandosi a sofisticati algoritmi software, che fanno riferimento ad aree specifiche dell’inquadratura, più o meno estese, con più o meno punti sensibili, secondo indicazioni precise, che variano da modalità a modalità. È fondamentale capire la composizione e la distribuzione dei punti sensibili di ogni modalità di autofocus automatico, quello che comunemente viene indicato con il termine pattern. Spesso, modelli sofisticati offrono modalità molto dinamiche, in grado di  ingabbiare al meglio il soggetto da mettere a fuoco, ma l’errore è sempre dietro l’angolo, in particolare modo se la scena è complessa o l’illuminazione variabile o molto contrastata.

 Modalita’ di autofocus piu’ diffuse

AF patterns

Ecco come si presentano alcuni dei pattern responsabili della messa a fuoco automatica


Cercherò di elencare le modalità AF più diffuse, provando anche a spiegarle (!) – il primo nome fa riferimento al mondo Nikon, mentre il secondo a quello Canon. Naturalmente, perché le modalità di autofocus dinamiche facciano il loro dovere, è necessario mantenere il pulsante di scatto premuto a metà corsa.

Single Point/Manual AF Point Possiamo scegliere un solo punto, che però possiamo  impostare in posizioni diverse dell’inquadratura.

Dynamic/ AF-Area Mode Anche in questo caso scegliamo un solo punto, ma, una volta impostato, la modalità segue il movimento del soggetto, imbrigliandolo in una gabbia di 8 punti adiacenti. I modelli più costosi offrono una versione ancora più sofisticata, che Nikon chiama “Dynamic 3D Tracking”, dove la scelta della gabbia di punti è dinamica e legata alla tipologia del soggetto e della scena inquadrata.

Auto Area/Automatic AF Point Selection Ideale per il point and shoot. Ci pensa la fotocamera a scegliere il soggetto da mettere a fuoco, impiegando sofisticati algoritmi di riconoscimento dei volti e dei toni della pelle. Nel caso di più soggetti con pari caratteristiche (tipicamente un gruppo), la reflex metterà a fuoco sul più vicino. Può riservare qualche sorpresa…

Sì, lo so, l’emicrania è dietro l’angolo, ma il mio consiglio è di studiare con cura  le modalità messe a disposizione dal nostro modello e di fare qualche prova con ognuno di esse, in modo da non trovarsi sul campo e cadere in errore proprio sul più bello, traditi dalla stessa tecnologia che si propone il solo obiettivo di renderci le cose più facili. In un prossimo post metterò insieme qualche consiglio pratico su come scegliere le modalità di autofocus.

 

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