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Cercatori di luce


Usare la luce per esprimere emozioni. L’intimità della sera, come avrebbe potuto scattarla Caravaggio (!).


L’idea per rispolverare questo post e di riscriverlo mi è venuta ieri, quando ho alzato gli occhi e lo sguardo è andato sbattere contro  un San Giovanni Battista di Caravaggio, in formato 3×2 che promuoveva la mostra “Dentro Caravaggio”.

Lo confesso! Sono colpevole! Io per Michelangelo Merisi da Caravaggio ho un debole… ma quale debole, io per Caravaggio ho una vera e propria adorazione, dai tratti quasi ossessivi (!).

Siamo “fotografi” – o ci crediamo tali, giusto!? Bene e allora dovremmo tutti andare a scuola da Caravaggio e imparare da lui come si scrive con la luce, perché “fotografia” proprio questo significa, da greco foto, luce, e grafia, scrittura.

Caravaggio mi ha sempre colpito ed entusiasmato per la sua capacità magistrale di usare la luce.

L’artista usa la luce in modo strettamente funzionale alla narrazione, che in alcune opere – che nella mia banalità giudico e godo come “assolute”, gli permette di asciugare la scena ad un livello oltre il quale sarebbe impossibile spingersi, con il risultato di produrre storie visive dalla potenza quasi dirompente.

La luce di Caravaggio è pathos, emozione, tragedia, dinamismo. E noi, che amiamo tanto definirci “fotografi”, ma anche voi che sul web vi firmate con un ben più chic “photographer”, dovremmo prenderci la briga di lasciare a casa l’ego ipertrofico per qualche ora e dedicarci a studiare come il genio (e sregolatezza) di Caravaggio impiega la luce per dare vita alle sue opere.

CONOSCERE E CAPIRE LA LUCE

È un nostro preciso dovere! Proprio come per uno scultore lo è conoscere le diverse pietre e per uno scrittore comprendere le regole della grammatica. Un fotografo deve conoscere, ma, soprattutto, capire la luce.

Si può imparare a capire la luce? Io sono fermamente convinto di sì.

FOTOGRAFARE SIGNIFICA SCRIVERE CON LA LUCE

La fotografia è fatta di luce e di ombre e non dobbiamo mai dimenticarlo.

Dobbiamo imparare a studiare la luce, la sua direzione, l’effetto che questa provoca sull’ambiente e sui soggetti del nostro scatto.

Dobbiamo imparare a familiarizzare con le qualità della luce.

Ahimè, molti di noi neppure le conoscono! Sarebbe un po’ come dire che uno scrittore non conoscesse le funzioni dei pronomi – anche se purtroppo qualche autore pubblicato sembra davvero esserne all’oscuro, giudicando da come scrive…

Le proprietà della luce (direzione, qualità, temperatura ed intensità) determinano la riuscita del nostro scatto tanto quanto la scelta del soggetto e l’uso della composizione, anzi, le proprietà della luce, esaltano la scelta di un buon soggetto e amplificano la potenza di una composizione curata.

CERCATORI DI LUCE

Troppo spesso prendiamo scorciatoie… i paesaggi si scattano al tramonto… i ritratti all’aperto si scattano in giorni nuvolosi… una donna va illuminata soltanto con luce diffusa… Blah, blah, blah… Tutto vero, tutto sacrosanto, ma non dobbiamo rilassarci e consegnarci all’ovvio, dobbiamo restare svegli e sperimentare. Dobbiamo cercare! Dobbiamo, prima di tutto, prima di dirci fotografi – o firmarci photographer, imparare a cercare la luce. Dobbiamo diventare “cercatori di luce”. Già la sola idea mi piace. Mi piace terribilmente il nome. “Cercatore di luce”, mi immagino qualcuno che non si accontenta della prima luce a disposizione, ma che si adopera per creare le condizioni di scattare SEMPRE con la luce giusta – giusta per quello scatto, per quella storia, per quel tono narrativo.

A allora cerchiamo!

Cerchiamo i controluce. Cerchiamo le luci di taglio, le luci radenti. Proviamo ad aggiungere  un flash per bilanciare il sole alle spalle del nostro soggetto… insomma, mandato a memoria l’ABC, proviamo ad andar oltre.

COME SI IMPARA A CONOSCERE LA LUCE

Ci sono esercizi che possiamo fare senza macchina fotografica per imparare a capire la luce.

Quando entriamo in una stanza, quando entriamo in un salone, in un qualsiasi ambiente, proviamo ad individuare la luce principale e a capire da dove (direzione). Osserviamo le ombre che crea. Analizziamole. Come cadono? Osserviamo le ombre, come cadono? Disegnano un contorno secco? Osserviamo la transizione tra le zone in luce e le zone in ombra.  Disegna un passaggio graduale, morbido? La luce è morbida? Riflessa? Dura e secca? Avvolgente? Cerchiamo tra gli aggettivi che conosciamo, fino a trovare quello meglio la descriva (qualità). La luce è forte? È debole? (intensità). E ancora, continuiamo ad osservare. Ad esempio ci potrebbero essere un’abat-jour in un angolo e un neon appeso al soffitto. Osserviamo la differenza di colore tra le due fonti luminose e paragoniamole alla luce del giorno che entra dalla finestra. Siamo sicuri che siano proprio identiche? Quale fonte è più calda? Quale più fredda? (temperatura). E la temperatura della fonte luminosa, come influisce sui soggetti presenti nella scena? Le diverse fonti interagiscono tra loro? Si sommano? Come risulterebbe la scena se potessimo spegnere una o più fonti luminose? Cerchiamo poi di andare oltre. Che emozione ci procura quella particolare luce, che è data dall’insieme delle sue qualità (direzione, intensità, qualità e temperatura.)

È un semplicissimo esercizio e lo possiamo declinare in numerosissime variazioni, possiamo ripeterlo ovunque ci troviamo, all’aperto o in una stanza, davvero ovunque.


Possiamo anche andare oltre.

Ma possiamo anche andare oltre e provare ad osservare come la luce a disposizione definisca la scena (non importa quale essa sia), per poi provare  ad immaginare la stessa scena illuminata da  una luce diversa.

Variamo mentalmente la direzione. Come cambierebbero le ombre? Come cambierebbe lo scatto? Variamo mentalmente l’intensità o la qualità e immaginiamo il possibile risultato.

Pensiamo a come vorremmo fosse illuminata la scena per trasmettere un messaggio (e una storia) diverso. Partendo da quello che abbiamo sotto gli occhi e modifichiamo mentalmente le proprietà delle fonti luminose. Variamone la qualità. Ammorbidiamo le ombre. Immaginiamola dura e diretta, che genera contrasti drammatici. Otterremmo lo stesso scatto? Io dico di no. Pensiamo poi, con la luce a disposizione nella scena, a dove punteremmo per effettuare la lettura per l’esposizione. Chiediamoci cosa potrebbe cambiare, se cambiassimo il punto di lettura.

E così via…

Sono esercizi semplici, ma ci aiutano a capire meglio la luce e, in particolar modo, a capire meglio quale  tipo di luce meglio racconta la storia che stiamo cercando di a raccontare.

Ognuno di noi ha la sua personalissima sensibilità, non esiste una luce giusta, ma di sicuro, secondo me, esiste una luce sbagliata: la luce piatta.

LA LUCE È OMBRA

Per lo meno lo è per me. A luce si contrappone ombra. Sono tanto affascinato dalla luce, quanto dalla sua assenza, dall’ombra, che è comunque sempre e soltanto generata dalla luce. La mia luce ideale è una luce fatta di ombre. Capire ed impiegare la luce significa gestirne la sua assenza, e cioè le ombre. Luce ed ombra sono due protagonisti indiscussi nel mio modo di vedere la fotografia (ammesso che a qualcuno di voi possa vagamente interessare). Abbandoniamo il preconcetto che l’ombra sia in qualche modo malvagia. L’ombra altro non è che assenza di luce (o non-luce, sperando che Parmenide non s’incazzi!). Non esiste luce che non proietti ombra. Anzi, guardatevi dalla luce che non proietta ombra, di solito è banale, piatta, scontata, poco significativa, per nulla stimolante, grigia, senza spessore… – posso fermarmi!?


Se proprio non ce la fate a riconoscere la buona luce, per lo meno imparate a riconoscere la luce piatta e lasciatela a qualcun altro.

Luca Spataro in un progetto personale all’interno dello shooting AI 17/18 per Tucano Urbano


CHIEDEVI COME L’AVREBBE SCATTATA LUI, CARAVAGGIO


Datemi del rincoglionito, ma mi capita spesso di farlo. Ora non è che dobbiate farlo per forza anche voi, magari a voi il Merisi fa pure schifo e fate il tifo per Botticelli! Pero…


Abluzione sacra nel Gange. A volte la luce ambiente offre occasioni uniche. Dobbiamo essere pronti a riconoscerle, a coglierle e ad amplificarle, se sposano la storia che stiamo cercando di raccontare.


E ora tutti fuori a… cercare!


 

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