
Secondo voi perché questo scatto funziona, al di là della scelta del soggetto, che trovo decisamente interessante?
Una delle doti di spicco di un buon fotografo è la sua capacità di vedere – contrapposta al verbo guardare. Ma cosa significa vedere in questo caso?
Sicuramente significa riuscire a cogliere quello che per molti occhi passa inosservato, ma molto più anche saper guardare il mondo come lo vede la nostra macchina fotografica. e cioè una rappresentazione a due dimensioni della realtà. Imparare a vedere come la macchina fotografica è un esercizio fondamentale, se intendiamo diventare fotografi migliori. Riducendo la realtà a tre dimensioni ad una rappresentazione bidimensionale ci accorgiamo che tutto si riduce a forme geometriche semplici e soprattutto a linee.
Se impariamo a vedere le linee che compongono e sorreggono la scena, impariamo a costruire scatti più interessanti e più potenti.
Chi segue i miei post sa quanto sono fissato con la composizione, che ritengo basilare per una buona fotografia. Lo scopo della composizione, nella fotografia e nelle arti visive in genere, è quello di guidare l’occhio di chi guarda attraverso la scena inquadrata – o dipinta. Uno degli strumenti di base della composizione, incredibilmente potente, è l’impiego delle linee di forza.
Spesso, durante alcuni esercizi nei miei workshop dedicati alla composizione, chiedo ai partecipanti di comporre le loro fotografie usando le linee ed ecco che scatta il qui pro quo e molti di loro si lanciano entusiasti a fotografare inferriate, tapparelline e attraversamenti pedonali, credendo, erroneamente, che “comporre impiegando le linee” significhi “fare foto di elementi lineari”. No! No! No!
Impiegare le linee come elemento compositivo significa organizzare l’inquadratura in modo che l’occhio di chi guarda venga inequivocabilmente guidato attraverso la scena da linee precise verso il punto focale (elemento principale).
Chi ha iniziato da poco a fotografare può sentirsi un po’ spiazzato ed ecco che cerca immediatamente conforto nella realtà e cerca linee realmente esistenti, ma molto spesso le linee di forza sono linee immaginarie, che riusciamo a cogliere soltanto se impariamo vedere la scena reale come la sua rappresentazione bidimensionale – quello che io, nei miei workshop chiamo irriverentemente, “la schiacciatina” e cioè una versione schiacciata del mondo. Nella schiacciatina le line di forza ci appariranno chiare, evidenti, quando spesso nel mondo reale, disturbati dalla terza dimensione, non è così.
Le linee di forza sono spesso delle illusioni ottiche, delle connessioni mentali, una sorta di trompe-l’oeil che compie la mente di chi compone e, di conseguenza, di chi guarderà successivamente, ma non per questo sono meno potenti di linee reali. Nella nostra rappresentazione a due dimensioni della realtà (la scena inquadrata) qualsiasi elemento, o combinazione di più elementi, può tramutarsi in linee di forza, una strada che corre in prospettiva, una sequenza di paracarri, un colonnato, il profilo delle colline, le cabine in spiaggia… e così via. Riconoscere le linee di forza richiede un po’ di esercizio, ma col tempo ci verrà naturale riconoscerle senza troppa fatica.
Ricordiamoci che linee di forza suggeriscono:
un senso di lettura all’inquadratura
il punto focale a chi guarda – e dunque la chiave del nostro scatto.
Le linee di forza possono essere rette, indifferentemente orizzontali, verticali o diagonali, continue o discontinue e curve.
L’impiego di linee orizzontali o verticali produce una composizione più statica e più riposante, mentre l’uso di linee di forza diagonali introduce immediatamente un elemento di tensione nella nostra composizione. Le curve hanno un effetto più ludico, portano in giro l’occhio di chi guarda, ma lo fanno con più dolcezza delle cugine diagonali.
Torniamo alla foto di apertura, il ragazzino di strada alla stazione della metro di Delhi.

Sicuramente il soggetto contribuisce alla riuscita dello scatto: è difficile non restare agganciati a quello sguardo, esaltato dalla scelta dell’angolo d’inquadratura. Ma se analizziamo l’immagine scopriamo che, nonostante si tratti di un’istantanea che ho scattato mentre facevo la fila per il token della metropolitana, poggia su una composizione molto curata che sfrutta al massimo le linee di forza, in questo caso diagonali (diagonale = tensione).

Le linee di forza suggeriscono un flusso di fruizione principale (!) che va dall’angolo basso destro verso l’alto dell’immagine, passando per il centro, dove incontra il punto focale: gli occhi del soggetto.

Notiamo una serie di linee di forza diagonali (sinistra alto/destra basso) costituite dal gradino della colonna e dalla stessa posa assunta dal soggetto.

Alla prima griglia di linee se ne sovrappone una seconda, perpendicolare alla prima, anch’essa diagonale (basso sinistra/alto destra).
Nessuna delle linee di forza di questo scatto è reale, ma si tratta di suggerimenti visivi. Più sono evidenti e più l’occhio è guidato. In questo caso, l’occhio di guarda, se non fosse catalizzato dallo sguardo del ragazzino, può contare su una doppia sovrastruttura compositiva inequivocabile che lo porta dritto al punto focale.

Il soggetto, oltre a poggiare sulla sempre viva regola dei terzi, è incorniciato dentro un’area virtuale circoscritta dalle linee di forza. Il risultato è uno scatto potente. Ho volutamente scelto una candid, un’istantanea, per tagliare sul nascere i commenti del tipo “eh, ma non c’è sempre tempo di stare a comporre”. Blah, blah, blah… ok, ero a Delhi, ma la fila per il token non è durata più di qualche minuto… ok, avevo la macchina pronta e avevo visto il ragazzino… blah blah blah
Componete, gente, componete!
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