Ecco il primo di alcuni post dedicati alla composizione fotografica e alla sua messa in pratica.
Costruire l’immagine con la composizione
Spesso mi viene attribuita la pecca che dò troppo peso alla composizione e troppo poco all’aspetto spontaneo ed intuitivo della fotografia. Un po’, devo essere sincero, è vero.
Con questo non voglio dire che la fotografia sia una partita che si risolve a tavolino, anzi, la componente creativa e spontanea deve essere sempre molto presente.
Lo scopo di insistere con l’impiego della composizione nella costruzione delle immagini è quello di fornirvi delle basi solide e ragionate sulle quali poggiare i vostri scatti.
La composizione ci aiuta a fare ordine, mentale e fisico (all’interno del perimetro dell’inquadratura) e ci assiste nel percorso che affronta il messaggio che affidiamo alla nostra immagine, anche perché la decodifica da parte di chi guarda lo scatto non è così semplice o immediata come possiamo pensare.
Messaggio e fotografia. Il grande inghippo.
Quando scattiamo una fotografia spesso diamo per scontato che chi successivamente la guardarà saprà interpretarne sicuramente il significato, anche se in realtà non è affatto così.
Vi faccio un esempio che propongo spesso nei miei webinar dedicati alla composizione:

© Walter Meregalli – Shoe stand, people move.
Osservato questo scatto fatto nel Golden Temple di Amritsar. Che cosa pensate possa significare? Cosa pensate cercassi di trasmettervi quando ho deciso di scattare questa fotografia?
Al netto della mia capacità narrativa, al netto delle mie conoscenze tecniche, non ho nessuna certezza che chi guarderà il mio scatto intuisca il messaggio che gli ho affidato.
Questo è sia il bello, sia l’aspetto più complicato della fotografia.
Ad esempio, tornando allo scatto che vedete sopra, per coglierne il significato, ma farei forse meglio a dire “i significati”, dovreste per prima cosa capire le scritte in hindi o in inglese e rapportarle con i soggetti mossi in primo piano, per cogliere il gioco di parole tra “shoe stand” che significa sia “posto delle scarpe”, sia “scarpa, stai ferma!” e l’idea che la gente invece si muova, resa dai soggetti in primo piano. Certo, un messaggio ardito, molto difficile da comprendere. Un secondo significato è invece quello di omaggio ai lavori Raghu Rai, un fotografo indiano che spesso ha contrapposto nello stesso scatto soggetti mossi a soggetti congelati. Se il primo messaggio era ardito, questo secondo è davvero quasi nascosto.
Questo per dirvi cosa? Che la fotografia, sebbene racconti più di mille parole, non è assolutamente certo che racconti la stessa storia che aveva originariamente nella testa chi ha scattato.
È un problema di comunicazione autore/pubblico che non si può pensare di risolvere completamente, ecco perché, qualsiasi strumento che possa aiutare a semplificare questo processo di decodifica è più che benvenuto.
La composizione si candida ad essere uno di questi strumenti, ecco perché insisto così tanto affinché la si impieghi per costruire immagini efficaci.
Impariamo a pre-visualizzare lo scatto
Ecco il grande segreto: imparare a pre-visualizzare lo scatto finale.
La fotografia trasforma la realtà tridimensionale in una realta a due dimensioni, sottraendo la profondità e trasformando gli oggetti del mondo reale in forme geometriche semplici, appoggiato su un piano virtuale.
Questo processo costruisce nuove relazioni, legato allo spazio bidimensionale proposto dall’inquadatura, tra gli elementi fotografati.
Il fotografo deve assolutamente essere in grado di anticipare visivamente quello che sarà il risultato finale di questo processo di trasformazione del mondo tridimensionale in una realtà bidimensionale.
È necessario capire come le forme geometriche interagiranno tra di loro e come verranno percepite, una volta all’interno dell’inquadratura.
Questo significa pre-visualizzare uno scatto: vedere la scena con gli occhi della nostra fotocamera.

© Walter Meregalli – GIochi di un tempio
La costruzione di ogni scatto parte da qui: dalla pre-visualizzazione.
Un fotografo che non sa pre-visualizzare i propri scatti è un fotografo cieco, che lascia al caso il risultato finale.
La pre-visualizzazione ha anche molto a che fare con la capacità di capire come la tecnica fotografica potrà influire sullo scatto finale. Nella foto dei due ragazzini in altalena, sapeva perfettemante che se avessi impiegato la tecnica del panning, avrei ottenuto questo tip di risultato, dove il soggetto è a fuoco, nonostante si muova nella realtà, mentre lo sfondo risulta sfocato. Un ottimo espediente per riuscire a raccontare il movimento attraverso uno scatto.
Questo significa conoscere a fondo la tecnica e prevedere l’impatto che ha sul risultato finale. Anche questo è pre-visualizzazione, proprio come riconoscere le linee guida che nella realtà non ci sono o le forme geometriche e il modo in cui interagiranno tra di loro all’interno dell’inquadratura.

© Walter Meregalli – Il palazzo reale al tramonto -Il palazzo reale di Leh, Ladakh, unico baluardo umano in una scena dove la catena del Karakorum incontra l’Himalaya.
Prima di scattare la foto qui sopra, ho pre-visualizzato come la macchina fotografica avrebbe schiacciato la prospettiva reale e trasformato il profile delle montagne in forme geometriche simili tra loro e appoggiate l’una sull’altra, dando vita ad una sorta di ripetizione e generando un ritmo. Quello che ho cercato di mostrare sotto.

Nei prossimi post, ci occuperemo di come costruire lo scatto usando le linee guida e i colori.
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