È capitato durante lo scorso photo tour in India, stavo parlando di esposizione, senza dare però all’argomento più di tanta enfasi, in realtà davo per scontato che le persone alle quali stavo parlando ne sapessero abbastanza. Esposizione, mi pareva un argomento piuttosto trito e ritrito e di certo era più affascinante il sito archeologico pre-ariano che ci stava ospitando in quel momento.
Quando ad un certo punto ho colto quella luce negli sguardi degli amici ai quali stavo parlando, quella luce che dice soltanto una cosa: ORA SÌ CHE HO CAPITO!Che fossi preparato o no, ero al cospetto di una sorta di epifania, era come se le quattro amiche che stavano seguendo le mie dissertazioni avessero finalmente capito (per la prima volta davvero) come vede il mondo la macchina fotografica e come, di conseguenza, ci si deve comportare per governare l’esposizione.
Capire l’esposizione qualche volta richiede coraggio
È proprio così! Capire come la nostra fotocamera misura la luce di una scena – l’esposizione – e come poi la traduce in una comoda coppia di tempi e diaframmi (anche se sarebbe più corretto parlare di una triade di tempi, diaframmi e ISO) è davvero un gioco da ragazzi, ma molto spesso richiede un gesto coraggioso, un gesto umile: la capacità di mettere da parte l’orgoglio e di chiedere a chi ne sa di più. La capacità di porre una domanda.
Se tutti avessimo questo coraggio, fotografare (bene) sarebbe molto più semplice. E invece tentenniamo, evitiamo di chiedere, silenziamo quelle che pensiamo siano domande troppo banali, senza capire che una teoria banale come quella alla base dell’esposizione VA indagata attraverso domande banali, anche a rischio di sentirsi sciocchi.
L’esposizione e’ semplice, siamo noi a renderla incomprensibile
La colpa è quasi tutta nostra perché, o per vergogna, o chissà per quale altra ragione, non poniamo le domande giuste, che sono SEMPRE molto semplici.
Ed ecco che ci costruiamo teorie personalissime, con le quali giustifichiamo i nostri scatti e i nostri errori, senza davvero mai capire come la fotocamera veda la scena e in base a quale parametro misuri la luce.
Ecco che ci convinciamo che, impostando la macchina in manuale, pieghi la fotocamera faccia cose diverse di quando lavora in altre modalità (!) Un po’ tiriamo a caso, un po’ ci va di culo, altre volte ci dice male… ma guai a noi se ci fermiamo e chiediamo a qualcuno che ne sa di più come funzionano davvero le cose.
Quel giorno, sulla spiaggia di Mamallapuram, mi è bastato tirar fuori dalla borsa un cartoncino grigio, mostrarlo e dicendo che quello era ciò che vedeva la nostra macchina, o meglio, quello che la macchina ama vedere. “La scena, è più chiara o più scura di questo cartoncino?”, ho chiesto ad un certo punto e, dopo una manciata di istanti di smarrimento, gli sguardi che tradivano un certo lavoro cerebrale – quelle che i fumetti denotano con il classico mumble mumble – le quattro amiche hanno risposto all’unisono che era più scura ed ecco quella luce nei loro sguardi: avevano capito.
La macchina avrebbe fatto di tutto per rendere la scena il più simile possibile al cartoncino grigio che tenevo in mano, schiarendo lo scatto o scurendolo. “È quello che vogliamo?”, ho chiesto e dalle loro risposte ho capito che finalmente l’esposizione non era più un dogma astratto.
Esposizione: ecco come funzionano le cose
L’esposimetro della nostra macchina è tarato per riportare tutto ad un grigio medio – così è e sarà bene che ci si metta il cuore in pace – e, quando gli chiediamo di misurare la luce di una scena e di ritornarci la coppia corretta di tempo e diaframma, in corrispondenza di un valore di sensibilità del sensore (ISO), l’esposimetro ci indica una coppia che espone correttamente per una scena media.
Questo è il funzionamento di un qualsiasi esposimetro, sia che la nostra macchina sia ‘impostata in manuale o su una delle due modalità semiautomatiche o in modalità automatica – P per intenderci! Non ci possiamo fare nulla: COSÌ FUNZIONANO GLI ESPOSIMETRI.
Se la scena presenta un’illuminazione nella media, non abbiamo problemi di sorta e la coppia tempo/diaframma che ci consiglia l’esposimetro è di certo corretta.
Ecco come ottenere l’esposizione che vogliamo
Ma se la scena che stiamo inquadrando è decisamente più scura di un grigio medio, cosa succede in questo caso? Semplice, se scattassimo usando i valori di tempo e diaframma suggeriti suggeriti dall’esposimetro, otterremmo una fotografia slavata, decisamente più chiara della scena reale. Macchina da buttare!? Esposimetro poco accurato!? Niente di tutto ciò, anzi, vero il contrario. Sia macchina, sia esposimetro hanno fatto il loro dovere e quest’ultimo ha misurato correttamente la luce presente nella scena e indicato la coppia di parametri che, per come è stato tarato, risultano corretti, peccato che la scena inquadrata fosse più scura, ad esempio, ma questo dettaglio il povero esposimetro non lo può conoscere. Situazione analoga, ma contraria, accadrebbe nel caso inquadrassimo una scena molto più chiara di un grigio medio. L’esposimetro misurerebbe la luce e indicherebbe una coppia di parametri che, se impostati paro paro, produrrebbero uno scatto buio, sottoesposto. Anche in questo caso, però, l’esposimetro avrebbe fatto il suo dovere.
Che fare allora!?
SEMPLICE: intervenire. Intervenire partendo dalla coppia suggerita dall’esposimetro:
sottoesporre di 1 o anche 2 stop nel caso di una scena più scura di un grigio medio,
sovraesporre di 1 o anche 2 stop nel caso di una scena più chiara di un grigio medio

© Walter Meregalli – Abluzione mattutina nel Gange. Per mantenere l’atmosfera intima della scena, ho sottoesposto di 1 stop e 1/2 rispetto alla lettura dell’esposimetro
Come facciamo a correggere la lettura dell’esposimetro
Ecco la sola vera differenza.
IN MANUALE Se abbiamo impostato la macchina in manuale, scegliamo uno dei due parametri – tempo o diaframma – e interveniamo di conseguenza. Supponiamo di voler sottoesporre, quando la lineetta dell’esposimetro punta sullo 0, chiudiamo il diaframma di 1 stop (mantenendo il tempo indicato) o impostiamo un tempo di posa più rapido (mantenendo il diaframma). Nel caso volessimo sovraesporre, basterà scegliere un diaframma più aperto o un tempo più lento
IN SEMI-AUTOMATICO E IN AUTOMATICO Con la macchina impostata in priorità di tempo o in priorità di diaframma, dovremo ricorrere al tasto di compensazione dell’esposizione (che in tutte le fotocamere di tutte le marche presenta SEMPRE un + e un -) e scegliere se impostare una compensazione positiva (sovraesposizione) o una compensazione negativa (sottoesposizione).

Tasto per la compensazione dell’esposizione: sempre a portata di dito per chi scatta in priorità di diaframma o di tempo. È soltanto una questione di farci l’abitudine ad usarlo.
L’esecuzione è semplice ed immediata in entrambe le modalità, naturalmente una volta capito il ragionamento – anch’esso piuttosto semplice – che sta alla base. Vogliamo mantenere un tono scuro e intimo: sottoesponiamo. Vogliamo invece bruciare un po’ le luci e ottenere scatti più onirici: sovraesponiamo. La macchina è soltanto UNA MACCHINA, noi siamo la mente. NOI SAPPIAMO DI COSA SIAMO ALLA RICERCA, non è così!?
Repetita juvant
Ripetere le cose, spesso, dà i suoi frutti. Quando l’espositore indica 0, in manuale, significa che la macchina è pronta a riprendere la scena esponendola come se fosse un grigio medio. Questo è quello che succede anche quando si usano i parametri suggeriti dall’esposimetro nelle modalità automatiche e semi-automatiche. La scena non è paragonabile ad un grigio medio? Interveniamo! Come? Rileggendo con cura il paragrafo precedente.
Non mi pareva vero vedere la luce negli occhi di chi mi stava seduto di fronte, quella mattina sulla spiaggia di Mamallapuram, nel Tamil Nadu. Eppure, troppo spesso, per timore di fare la figura dell’ignorante, ci si porta dentro dubbi e perplessità e ci si dà risposte di fantasia, rendendo la fotografia molto più complicata di quella che è.
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