Chi di voi non è mai incappato in uno di quelle pubblicazioni dalle buffe copertine gialle e nere che si propongono di avvicinare un pubblico di negati – “dummies” in inglese – a qualsiasi tipo di argomento, dall’economia domestica, alla meditazione trascendentale, ai tarocchi, alla fisica quantistica. Sono certo che se ora uno di voi si ferma tre secondi e pensa ad un argomento, uno qualsiasi, esiste un volumetto dal titol “Quell’argomento for dummies”. Prendo in prestito il titolo della fortunata collana editoriale per un post che ha la cauta ambizione di avvicinare alla fotografia notturna tutti coloro che si dichiarano, più o meno apertamente, negati nei confronti di questa avvincente specialità fotografica – spero solo che non mi chiedano i diritti, ah ah ah…

Star trails nel cielo del deserto del Sahara. © Diego Gardina
Lasciatemi fare una precisazione doverosa: NON PENSATE CHE QUESTO POST POSSA COPRIRE TUTTI GLI ASPETTI DELLA FOTOGRAFIA NOTTURNA, quello che troverete di seguito è un breve elenco di suggerimenti pensati per coloro che si considerano “negati”, ma che in realtà hanno soltanto bisogno di un piccolo incoraggiamento e di crearsi le giuste occasioni per fotografare di notte. Un ultimo preambolo, se siete dei maghi della notturna, se avete tonnellate in archivio tonnellate di MB con stelle, galassie, pianeti e satelliti, vi prego (!), evitate di commentare con roba del tipo “il festival dell’ovvio”, “che post banale!”. QUESTO È UN POST PER I PRINCIPIANTI DELLA MATERIA, mostrate, se non a me, almeno a loro, un briciolo di rispetto. Grazie molte.
Tuffiamoci nel vivo, dunque.
CERCHIAMO IL BUIO Sembrerebbe una cazzata bella e buona da scrivere, ma credetemi, la questione cielo buio non è assolutamente da sottovalutare. Non basta che cali la sera per avere il cielo ideale per una sessione di fotografia notturna. Chi di noi vive in città non se ne rende neppure conto dell’inquinamento luminoso (“light pollution”, in inglese) che producono le aree urbane. L’illuminazione stradale, i cartelloni pubblicitari, le stesse luci dei nostri appartamenti, il traffico automobilistico… si tratta di fonti luminose che interferiscono in modo più o meno evidente con il cielo notturno. Prepariamoci a fare qualche chilometro, alla ricerca di zone sgombre dall’inquinamento luminoso, è il primo requisito per riuscire a fotografare il cielo di notte con risultati convincenti.
NO CAVALLETTO, NO PARTY Da qui non si scappa, l’impiego di un cavalletto è una tassa che non si può pensare di non pagare alla fotografia notturna. Se non abbiamo un cavalletto, se lo possediamo, ma pensiamo di non volerlo usare… restiamo a casa e guardiamoci un buon film.
QUANTI ISO? Qualsiasi modello di fotocamera può scattare un cielo notturno, ma ovviamente la qualità che riusciamo ad ottenere è strettamente legata alla capacità del sensore di combinare ISO alti ad un rumore digitale contenuto. Saremo costretti a scattare con pochissima luce, motivo per cui è necessario chiedere il massimo al nostro sensore. Purtroppo, i modelli economici di fotocamera, sopra un certo valore di ISO, introducono più rumore che informazioni, producendo così scatti mediocri. L’esperienza mi suggerisce che 3200 ISO è un buon valore dal quale partire – anche se, per molti modelli di fascia bassa, siamo già quasi al limite. Impostiamo la sensibilità a ISO 3200 e valutiamo con qualche scatto di prova se sia necessario scendere o opportuno salire, per incamerare più luce. Qualcuno potrebbe obiettare, “ma perché allora non usare 100 ISO, che non generano rumore?” Potrebbe sembrare un ragionamento sensato – e in parte lo è – ma le stelle sono punti luce minuscoli e impostando una sensibilità bassa rischiamo di non riuscire a coglierli, mentre salendo lungo la scala degli ISO, il sensore amplifica ed esalta anche quelle stelle che ad occhio nudo non riusciamo a cogliere.

Il centro della galassia dalle Tre Cime di Lavaredo, agosto 2017 – © Riccardo Mantero
CHE TEMPO SCEGLIERE? Prima di scegliere il tempo di posa da usare, dobbiamo scegliere che tipo di scatto notturno cerchiamo di portarci a casa: stelle puntiformi o stelle strisciate? Le stelle puntiforme sono quelle del mio scatto d’apertura e dello scatto qui sopra di Riccardo Mantero, mentre le stelle strisciate sono quelle immortalate nella fotografia di Diego Gardina. Siccome siamo “negati”, occupiamo per il momento di come fare a portarci a casa un buono scatto di stelle puntiformi, cioè punti a fuoco e ben definiti. Da un canto, abbiamo bisogno di tanta luce e questo ci deve suggerire che il tempo sarà inevitabilmente lungo. Da un altro canto, con un tempo troppo lungo, complice la rotazione della terra sul suo asse verticale, le stelle risulterebbero mosse e sfuocate. Già, perché, la terra continua nella sua rotazione per tutto il tempo che l’otturatore della nostra reflex rimane aperto, spostando la nostra posizione rispetto alla volta celeste, che risulterà mossa. Gran bel dilemma per noi “negati”! Per fortuna ci viene incontro una regola pratica: la regola del 500. Basterà un po’ di matematica e il gioco è fatto. Se possediamo una fotocamera a pieno formato (FX), basterà dividere 500 per la lunghezza focale dell’obiettivo che montiamo per ottenere il tempo massimo che possiamo impostare prima che le stelle risultino mosse – ad esempio se montiamo un 20mm, basterà dividere 500 per 20, ottenendo circa 25, che significa al massimo potremo arrivare a 25″ di posa. Se invece scattiamo con un sensore APS-C (DX), i nikonisti dovranno prima moltiplicare la lunghezza focale per il fattore di crop di 1.5, mentre i canonisti per 1.6. Semplice, no!? Facciamo uno sforzo e proviamo a spiegarci perché, se, la lunghezza focale sale, siamo costretti a usare tempi più rapidi – scrivete le vostre ipotesi nei commenti.
QUALE DIAFRAMMA IMPOSTARE? Ancora una volta, la questione fondamentale è quella di catturare più luce possibile, per cui, la regola è: apriamo il più possibile, anche perché la profondità di campo non è una prerogativa. Per cui, impostiamo il diaframma più aperto che abbiamo a disposizione e chiudiamo un po’ soltanto se il nostro obiettivo, aperto totalmente, non offre una qualità accettabile – ad esempio se a f/2.8 otteniamo scatti un po’ troppo morbidi, chiudiamo un po’ e impostiamo f/3.5, tutto quanto migliorerà.
COMPORRE CON CURA La composizione conta moltissimo nella fotografia notturna. Evitiamo di riempire l’inquadratura con il solo cielo, preoccupiamoci di introdurre qualche elemento terreno, ad esempio una casa, o un albero, il profilo di una montagna. Aiutiamoci con il display sul retro, impostando la modalità live view, sia per la messa a fuoco, sia per la composizione dell’inquadratura. Se ci è possibile, cerchiamo di includere nell’inquadratura anche elementi con colori che si distaccano dal blu del cielo, in modo da aggiungere tridimensionalità al nostro scatto. Se invece ci sentissimo particolarmente creativi, proviamo a giocare un po’ con il fascio luminoso di una torcia su qualche particolare in primo piano – ma non esageriamo.
QUALE BIANCO? Premetto che il mio consiglio è quello di scattare in RAW e questo ci permette, tra i numerosi vantaggi, anche di intervenire successivamente sul bilanciamento del bianco. Nel caso invece decidessimo di scattare in JPEG, perché ad esempio non possediamo un software per lo sviluppo del negativo digitale, allora dobbiamo decidere al momento dello scatto come bilanciare il bianco. Il mio consiglio pratico, se la funzione che interviene sul bilanciamento del bianco accetta direttamente i gradi Kelvin, è di impostare un valore che va dai 4500° K ai 5000° K. Se invece il nostro modello non lo consente, impostiamo il bianco su “fluorescenza fredda” o “sole diretto”.
QUALE MODALITÀ? A questa domanda, la mia risposta è quasi sempre la stessa, a prescindere dall’argomento specifico: quella con la quale ci troviamo meglio. Io preferisco, per una questione di abitudine, scattare in manuale, ma ognuno di noi scelga la modalità con la quale ha maggior feeling – soprattutto se chiamati ad apportare correzioni al volo. Disinseriamo l’autofocus, che rischia soltanto di fare correre a vuoto la ghiera del nostro obiettivo e disinseriamo anche la riduzione delle vibrazioni (VR), non ci servono, dal momento che la macchina è saldamente agganciata al cavalletto e contribuiscono a consumare la batteria più rapidamente. Impostiamo la lettura dell’esposizione su tutta l’inquadratura e ricordiamoci che l’esposimetro della fotocamera cercherà di riportare l’esposizione ad un grigio medio. Se non disponiamo di una lettura totale, impostiamo quella che abbraccia maggior porzione di inquadratura. Impostiamo la modalità di scatto su singolo e se possediamo uno scatto remoto, usiamolo – in caso contrario, impostiamo la modalità di scatto ritardato, badando ad usare il ritardo più rapido. Questi accorgimenti ci aiuteranno ad evitare micro mossi dovuti alla pressione del nostro dito sul pulsante di scatto.
COSA FARE DOPO? Non sono un paladino della post-produzione, quando questa significa manipolazione estrema, ma non la considero neppure una pratica di cui vergognarsi. Nella fotografia notturna però, un po’ di interventi successivi allo scatto, dobbiamo metterli in preventivo, come ad esempio un aggiustamento del contrasto, che solitamente va aumentato, o della luminosità. Qualche volta, soprattutto se la nostra macchina è un po’ economica, ci toccherà intervenire per attenuare il rumore introdotto dagli ISO alti.
NON DISPERIAMOCI Non gettiamo la spugna troppo presto. Quello che stiamo cercando di affrontare è un tipo di fotografia che richiede pazienza e passa attraverso una lunga serie di tentativi. Prepariamoci alla frustrazione dell’insuccesso e superiamola tornando a puntare la nostra macchina al cielo.
Il primo post dedicato a noi “negati” della fotografia notturna termina qui. Nel prossimo affronterò “Le stelle strisciate for dummies” e poi chiuderò questo mini-ciclo dedicato alla notte lasciando spazio all’amico Riccardo Mantero, un vero mago della night photography, che darà qualche dritta ai più esigenti.
Altro sulla fotografia notturna…
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