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Oltre il luogo comune

Non ho nulla di particolare contro il luogo comune, se non che vorrei non fosse l’arrivo, ma bensì il punto dal quale partire, per arrivare a risultati più soddisfacenti.

Taj Mahal a modo mio

© Walter Meregalli – Taj a modo mio – Tecnica, composizione e un po’ creatività, per superare la pigrizia di fotografare il Taj Mahal come in milioni di altri scatti.


Il luogo comune smorza l’interesse

Che si tratti di fotografia, che si tratti di scrittura o di cinematografia, scegliere di affidarsi ad un luogo comune significa quasi sempre scegliere di non coinvolgere il nostro pubblico.

Se in un racconto, la notte è buia e tempestosa o la protagonista trema come una foglia, di certo le possibilità di interessare chi legge si sbriciolano, anzi, per dirla saccheggiando l’ennesimo luogo comune, si sciolgono come neve al sole.

Questo non succede soltanto in letteratura. Anche il fotografo non è immune dalla trappola dei luoghi comuni.

cliché sono sempre in agguato. Più il soggetto è famoso e già visto e più il rischio di cadere nella trappola del cliché fotografico diventa realtà.

Sventare il pericolo è possibile ed è spesso più facile di quanto possa sembrare.

Framed Taj Mahal

© Walter Meregalli – Framed Taj Mahal – Scattare questa inquadratura alternativa mi ha portato via forse meno di tre minuti. Il più è stato sicuramente “vederla”. Spesso non è mai una questione di tempo, ma di pigrizia mentale o di poca abitudine.


Gli alleati del luogo comune

Il primo alleato è di certo la fretta. Per fretta ci accontentiamo della prima inquadratura e, quando si ha spesso a che fare con soggetti largamente fotografati, la prima inquadratura è un luogo comune. Per cercare inquadrature alternative serve del tempo in più, non per forza molto, ma in ogni caso almeno un briciolo in più e spesso la cosa ci spaventa, a tal punto da farci accontentare del primo scatto. Lasciatevi dire che quasi sempre il tempo necessario per confezionare un’inquadratura alternativa decisamente più interessante di quella iconica è molto poco.

Il secondo alleato è la pigrizia. Perché faticare? Perché cercare alternative, quando, tutto sommato, il cliché, offre comunque un risultato accettabile? Proprio per questo! Perché ci stiamo accontentando di un risultato accettabile, quando, magari potremmo riuscire ad andare oltre e a produrre scatti più accattivanti, più dinamici, meno scontati. Attenzione, la pigrizia è anche – o soprattutto – pigrizia mentale.

Un terzo alleato è l’abitudine. Molto spesso ci affidiamo a regole che hanno il compito di aiutarci a risolvere rapidamente i problemi che ci si presentano sul campo, ad esempio per scegliere quale tempo di posa usare o che lente o come comporre. Niente contro questo tipo di approccio, il rischio, se ci serviamo sempre più frequentemente delle stesse risposte pre-confezionate, è che le nostre foto risultino sempre uguali tra di loro. Se la prima risposta alla domanda come la compongo questa inquadratura? sarà sempre sui terzi, non lamentiamoci poi se tutti i nostri soggetti risulteranno… sui terzi (!).

Per andare oltre il luogo comune basta poco

Il luogo comune lo si supera cercando un angolo di ripresa diverso, ad esempio, o un obiettivo particolare o con una composizione meno accademica.

Spesso basta poco. Qualche metro più in alto, la macchina che inquadra dall’alto verso il basso o a volte basta anche soltanto inginocchiarsi e liberarsi dalla morsa creativa dell’inquadratura ad altezza occhi.

Awa Mahal - Panning

© Walter Meregalli – Panning the Awa Mahal – L’Awa Mahal o Palazzo dei Venti è un’altra icona indiana. Lo si può ritrarre giocando con il panning e la bicicletta di un “dudh vala”. Ecco dove la conoscenza della tecnica entra in gioco pesantemente.


La conoscenza tecnica contro il luogo comune

Già vi sento dire “beh!? che c’entra adesso la tecnica!?”. C’entra! C’entra eccome! Conoscere come la nostra macchina fotografica vede la scena e come i parametri di scatto influiranno sul risultato sono due concetti fondamentali per superare il cliché. Dobbiamo conoscere caratteristiche e limiti di certe ottiche, così come aver molto ben chiaro come influiscono la scelta del tempo e del diaframma sul risultato finale o come l’esposimetro valuti la luce.

La tecnica è rappresenta le fondamenta della fotografia, per fortuna, come mi ripeteva Donzelli, la tecnica la imparano anche i muli, perché alla fine non è poi sanscrito. In ogni caso ci tocca o difficilmente ci smarcheremo da scatti scontati e banali.

Vedere vs. guardare

Chi si è avvicinato da poco alla fotografia, molto spesso, si limita a guardare.

Se vogliamo migliorare, dobbiamo imparare a vedere. Vedere significa ragionare con gli occhi, significa associare, anticipare, scorgere relazioni sempre meno ovvie tra gli elementi della scena.

Partiamo guardando, per arrivare a vedere. Alleniamoci a vedere.

Un pizzico di sperimentazione per superare il luogo comune

Le regole esistono per essere seguite. Ma anche, a volte superate.

Sono della vecchia guardia. Sono dell’idea che prima di infrangere le regole, sia fondamentale impararle. Solo dopo si può – e si deve, con moderazione – cercare di superarle.

Infrangere le regole, sapendo però esattamente quello che si sta facendo, ci aiuta a superare il luogo comune e spesso ci apre la strada ad un risultato decisamente più creativo ed interessante.

rajasthan - jaisalmer - fisheye

© Walter Meregalli – Fisheyed Rajasthani -Ritratto realizzato con un 8mm (fisheye). Una scelta radicale, contro ogni regola scritta della fotografia, ma efficace, ai fini del risultato.


Il luogo comune dell’ottica principe

I ritratti si fanno con un 85mm, i paesaggi con un 28mm, per strada si usa un 50mm… Per carità, tutte indicazioni sacrosante, soprattutto se siamo alla ricerca di un risultato sicuro. Proviamo però a scattare un ritratto con un 8mm o un paesaggio con un 200mm. Avremo mandato in frantumi il luogo comune, cestinato il cliché una volta per tutte.

Il luogo comune del movimento congelato

Sperimentiamo usando un tempo lento in una scena dove i soggetti sono in movimento, pensando in anticipo il risultato che potremmo ottenere e le sue potenzialità creative. Ecco un altro modo per rimandare il luogo comune.

Bimbo mendicante a Old Delhi

© Walter Meregalli – Bimbo mendicante a Old Delhi – L’angolo di ripresa quasi parallelo al pavimento rende lo scatto drammatico e passa un messaggio molto chiaro, facendo incombere l’occhio di guarda sul bambino accovacciato, che si mostra in tutta la sua fragilità


Il luogo comune del punto di ripresa

Qualche paragrafo più su dicevo come basti davvero poco, qualche metro più a destra, poche decine di centimetri più in basso, un angolo di ripresa meno ovvio, ed ecco che il rischio di scattare un cliché si riduce. Pensiamo ora, invece, a tutte quelle scene che, sebbene offrano due punti di vista, siamo soliti vedere ritratte quasi sempre da uno soltanto. Pensate ad un concerto, ad un comizio o ad uno spettacolo teatrale, ad esempio. Si tratta di scene che solitamente vengono scattate dal punto di vista del pubblico, anche perché ovviamente il soggetto è rappresentato dal cantante di turno o dall’oratore o dall’attore. Proviamo, quando l’occasione ce lo consente, ad invertire il punto di vista e a scattare verso il pubblico, magari alle spalle del cantante o dell’oratore o dell’attore, in modo da contestualizzare meglio lo scatto. Qualora ci riuscissimo, avremmo davvero spazzato il luogo comune una volta per tutte.

Concludendo…

L’elenco dei luoghi comuni e dei cliché fotografici potrebbe estendersi per altre decine di paragrafi, senza per altro esaurirsi e senza aggiungere molto a quanto mi premeva esprimere.

Il concetto che volevo condividere è molto semplice: scattare un luogo comune, spesso significa scattare una foto banale e poco personale.

La sfida contro i cliché è alla portata di tutti e chiunque di noi, con un po’ di impegno, può vincerla, alzando inevitabilmente il livello qualitativo dei nostri scatti fotografici. Non costa molto, non servono particolari attrezzature riservate ai professionisti.

Servono:

  1. determinazione,

  2. un briciolo di tempo in più sul campo,

  3. conoscenza della tecniche fotografica

  4. capacità di vedere e non soltanto di guardare

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