
Girovagando in rete, mi sono imbattuto per caso in questo diagramma – l’autore è Anthony Dejolde e a lui va davvero tutto il merito! Al momento non sono rimasto molto impressionato, ma poi ci ho visto qualcosa di semplicemente geniale. Anthony infatti è riuscito a sintetizzare in una sola immagine, semplice tra l’altro da capire, la relazione tra diaframma e profondità di campo, tra tempi di posa e mosso, tra ISO e rumore, e, mettendoci un po’ di nostro, il concetto di exposition value (EV).
Vediamo come leggere il diagramma di Dejolde. Le due strisce fondamentali sono quelle centrali, riferite all’apertura di diaframma e al tempo di posa.
Prima di cominciare credo sia opportuno fare una premessa. Le coppie che si formano sul diagramma non sono frutto di una lettura vera e propria, ma servono a spiegarci meglio la teoria e la natura della loro progressione, che si esprime con il concetto di exposition value, valore di esposizione o luminosità, riferito ad una scena.
Partiamo da sinistra… Concentriamoci sulla striscia dei diaframma – le seconda dall’alto. Il primo diaframma è tutto aperto e il suo valore è indicato con f/1,4. In questa situazione permettiamo a molta luce di entrare tutta in una volta. Scendiamo ora sulla striscia che ospita i tempi di posa. In corrispondenza di f/1,4, Dejolde, ha fatto corrispondere un tempo molto rapido – 1/1000″ (ripeto, è per comodità teorica e non per una effettiva corrispondenza dovuta ad un lettura esposimetrica) Per cui, in corrispondenza di f/1.4 (diaframma aperto al massimo), dobbiamo pensare ad un tempo molto rapido, in questo caso 1/1000″. Ovvio! Se il diaframma permette a molta luce di entrare tutta in una volta, per ottenere un’esposizione corretta non è necessario tenere l’otturatore, comandato dal tempo di posa, aperto a lungo.
Via via che risaliamo verso destra, notiamo che il diaframma si chiude sempre più e che, in corrispondenza di diaframmi più chiusi – che quindi fanno passare meno luce – siamo chiamati ad impostare tempi più lunghi, affinché al sensore arrivi la stessa quantità totale di luce (esposizione corretta).
Ad esempio, in corrispondenza di f/8, il tempo di posa necessario scende a 1/30″ e in corrispondenza di f/22, addirittura a 1/4″.
Si tratta di numeri a caso? No! Si tratta di una scala regolata dalla matematica e ad ogni passaggio verso destra il tempo raddoppia, mentre ad ogni passaggio verso sinistra, il tempo si dimezza. Questo cosa significa? Significa che, passando da 1/60″ a 1/30″, facciamo entrare luce per il doppio del tempo e quindi, per ottenere, la medisima esposizione, quella che la macchina considera corretta, saremo costretti a chiudere il nostro diaframma in modo da far passare la metà della luce. In questo modo, mantenendo fissi gli ISO, manterremmo lo stesso valore di esposizione (EV), che ci indica, in assoluto, la luninosità della scena. Se per i tempi la progressione dei numeri è più intuitiva, per i diaframmi dobbiamo fidarci (!). Ognuno di quei numeri astrusi fa entrare il doppio della luce del suo precedente – e se rileggiamo la frase con calma, vedremo che non è poi così difficile capire – e se vogliamo essere più precisi, ogni apertura di diaframma è separata dall’apertura successiva di 1 EV – questa è la convenzione, prendiamola per buona, perché è così!.

Sembra piuttosto chiaro, no!?
Ma allora, se quel diagramma ha ragione, le 10 coppie di tempo e diaframma, da f/1.4 su 1/1000″, fino a f/32 su 1/2″, danno tutte lo stesso risultato. È proprio così… per lo meno dal punto di vista della mera esposizione, del valore espresso in EV. Tutte le 1o coppie tempo/diaframma indicate nel diagramma ci offrono lo stesso valore di EV.
Ma a cosa ci servono tutte queste possibilità!? Di certo a confondere chi si avvicina per le prime volte. Ma ecco che il diagramma di Dejolde ci torna in aiuto e ci fa capire quali piccoli miracoli possiamo creare semplicemente muovendo su e giù per le scale di tempi e diaframmi.
Quello che cambia, a seconda delle coppie che sceglieremo, ce lo dicono la prima striscia di icone in alto e quella immediatamente sopra i tempi di posa.
Scegliendo una coppia tempo/diaframma sulla sinistra – ad esempio f/2,8 e 1/500″ – notiamo che l’icona in alto ci dice che avremo a fuoco solo il soggetto e non lo sfondo, mentre l’icona immediatamente sopra i tempi ci dice che saremo comunque in grado di congelare anche soggetti in movimento. Se invece scegliamo una coppia tempo/diaframma più a destra – ad esempio f/16 e 1/8″ – avremo molte cose più a fuoco, ma tutto ciò che non è fermo nella scena rischierà di venire mosso. Capito questo, ci si aprono soluzioni creative pressoché infinite.
Io lo trovo semplicemente geniale!
La striscia degli ISO L’ultima striscia di icone riassume la progressione dei valori degli ISO. Il valore ISO esprime la sensibilità alla luce del sensore. Minore gli ISO, minore la sensibilità del sensore, ma anche minore il rumore digitale introdotto nello scatto finale. Ogni valore ISO rappresenta una sensibilità pari alla metà della sensibilità espressa dal valore successivo. E con gli ISO abbiamo completato i tre parametri responsabili dell’esposizione: DURATA DI ESPOSIZIONE, QUANTITÀ DI LUCE, SENSIBILITÀ ALLA LUCE. Mantenendo fissi tempo e diaframma, se ci spostiamo verso destra e aumentiamo gli ISO da 50 a 100, otterremo uno scatto sovraesposto di 1EV – il sensore verrebbe cioè colpito dal doppio della luce rispetto al valore iniziale. Se invece ci spostiamo verso sinistra, ad esempio passando da 200 ISO a 100 ISO – mantenendo naturalmente tempo e diaframma fissi per l’ipotetica misurazione corrispondente ai 200 ISO (f/2.8 su 1/250″), otterremmo una fotografia sottoesposta di 1EV.
Mal di testa!? Spero di no.
Forse il diagramma di Anthony Dejolde non è un capolavoro di estetica, ma consiglio davvero a chi comincia a cimentarsi con la fotografia di farsene una copia, plastificarla e tenersela in tasca o nella borsa della macchina fotografica, nel caso sul campo venisse assalito da dubbi o da improvvisi buchi di memoria.
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