JPG o RAW!? o forse TIFF!? Ma il numero di pixel fa davvero la differenza!? E se scatto in JPEG, quante foto ci stanno in una card da 32 GB!? Che differenza c’è tra un jpg “small” e un jpg “large”!?
Grattacapi di questo genere sono all’ordine del giorno, soprattutto per chi di noi si è avvicinato da poco alla fotografia.
Quanto spazio occupa uno scatto?
Ecco la domanda che spesso ci poniamo, cercando di capire se le card che abbiamo a disposizione ci basteranno o, per lo meno, ci daranno tutta l’autonomia di cui pensiamo di avere bisogno.
Lo spazio che ogni scatto occupa sulla card dipende dalla dimensione del relativo file , espressa solitamente in MB (megabyte).
La dimensione del file è influenzata dalla risoluzione con la quale scattiamo, espressa in pixel, e dal formato che scegliamo, perché, per ogni formato, il software della nostra fotocamera applica una specifica compressione.

Formati diversi, compressioni diverse
Le compressioni intervengono sulle informazioni che il sensore riceve prima che la fotocamera le converta in file digitali e le salvi nel formato prescelto.
Lo scopo delle compressioni è quello di produrre file dalle dimensioni più contenute, ma per fare questo, la fotocamera, attraverso specifici algoritmi, si disfa di una quantità variabile di informazioni che reputa non indispensabili.
La compressione più pesante è quella che viene applicata con il formato JPEG (jpg), seguita da quella applicata al formato TIFF, mentre al formato RAW non viene applicata nessuna compressione.
Ovviamente questo ci dà una classifica delle dimensioni delle immagini nei diversi formati:
RAW – nessuna compressione genera file piuttosto ingombranti
TIFF – la compressione applicata ai tiff è meno invasiva, ma anche meno efficace in termini di dimensione dei file prodotti
JPEG – i file vengono prodotti applicando la compressione più spinta e in qualche caso a farne le spese è la qualità dell’immagine finale. I jpg offrono il miglior rapporto qualità/dimensioni file.
JPEG, risoluzioni e qualita’
Di sicuro il JPEG è il formato più popolare, grazie al fatto che offra decisamente il miglio compromesso tra qualità finale dell’immagine e dimensioni dei file prodotti, nonostante dal punto di vista puramente qualitativo, soprattutto per i puristi dell’immagine, la compressione che viene applicata per produrre i file in formato JPEG è decisamente piuttosto invasiva e spesso impossibile da recuperare in post-produzione. Ma il fatto che il formato sia universalmente accettato, dai social network, ai laboratori di stampa di ogni genere.
Si fa presto a dire “JPEG”, però. Perché, per lo stesso formato, ormai, quasi tutti i modelli di fotocamere offrono più alternative tra le quali scegliere per ottenere file dalle dimensioni diverse, alcune basate sulla risoluzione con la quale scattiamo e altre basate invece sulla qualità della compressione.
Le tre alternative basate sulla risoluzione sono:
JPEG Large (L), che scatta usando tutta la risoluzione del sensore (nel caso della mia D850, 8256×5504 pixel, che generano un file da 45 MB)
JPEG Medium o (M), che scatta usando circa tre quarti della risoluzione del sensore (nel caso della mia D850, 6192×4128, che generano un file da 25 MB)
JPEG Small (S), che scatta usando circa la metà della risoluzione del sensore (nel caso della mia D850, 4128×2754, che generano un file da 11 MB circa).
Mentre le alternative basate sulla qualità della compressione sono:
FINE, che usa una compressione bassa (nel caso della mia D850 con un rapporto di 1:4)
NORMAL, che usa una compressione media (nel caso della mia D850 con un rapporto di 1:8)
BASIC, che usa una compressione alta (nel caso della mia D850 con un rapporto di 1:16)
Teoricamente non dovremmo fare confusione: tre scelte operano sulla risoluzione e tre intervengono sulla compressione, ma a complicarci le cose ci si mettono le varie marche che, invece, spesso chiamano “normal” i JPEG Medium o “standard (S)” i JPEG N. Al di là dei nomi, dobbiamo sempre tenere presente se stiamo intervenendo sulla risoluzione di scatto o sulla qualità della compressione.
TIFF, buona qualita’, ma non per tutti
Proprio così, il formato TIFF, grazie all’impiego di algoritmi di compressione detti no loss, cioè senza perdita di qualità offre risultati finali di buona qualità, ma non si può certo dire che sia universalmente accettato quanto il cugino (compresso) JPEG. Sebbene legato ad uno standard internazionale, il formato TIFF non è accettato dalla maggior parte delle applicazioni web, come ad esempio le piattaforme social ed inoltre produce file decisamente più ingombranti dei JPEG.
Il TIFF è solitamente legato a chi punta molto sulla qualità e ha intenzione di intervenire in post-produzione, non a caso il formato è nato negli ambienti della pre-stampa.
Come per il JPEG; anche nel caso del formato TIFF, è solitamente possibile scegliere tra tre risoluzioni diverse: L, M e S, che agiscono sulla risoluzione di scatto impiegata, proprio come per i JPEG.
RAW, il negativo digitale: di meglio non avrai
Nel senso che il file prodotto è esattamente quello che vede il sensore, ecco perché difficilmente potremmo avere di meglio.
Generalmente ci si riferisce al formato RAW come al negativo digitale e quasi sempre sentiremo dire che si tratta di un formato puro, privo di qualsiasi compressione.
La definizione di formato privo di compressione però è un po’ venuta meno, dal momento che da qualche tempo a questa parte, allo scopo di ridurre le dimensione dei file RAW, le case produttrici si sono inventate algoritmi di compressione reversibili, cioè che generano file tra il 20% e il 40% più piccoli, attraverso una compressione che non interviene in modo permanente e che, in fase di sviluppo digitale, è possibile recuperare le informazioni temporaneamente eliminate. Ma questa è tutta un’altra storia, forse.
Un aspetto che dobbiamo ricordare è che ogni modello produce il suo RAW. Mentre JPEG e TIFF sono formati svincolati dalle diverse marche produttrici, il formato RAW è legato a formati proprietari specifici.
In parole povere, i RAW prodotti da una Nikon non sono uguali a quelli prodotti da una Canon e addirittura i diversi modelli di Nikon e di Canon producono file RAW diversi e legati alla fotocamera che li ha prodotti.
Ecco alcune estensione che indicano i formati proprietari RAW:
Canon: CRW/CR2
Fuji: RAF
Kodak: DCR
Minolta: MRW
Nikon: NEF
Olympus: ORF
Pentax: PEF.
Sony: ARW
Sull’ormai classica diatriba tra JPEG vs. RAW trovate praticamente tutto QUI
I file prodotti dal formato RAW, naturalmente, hanno dimensioni piuttosto considerevoli e decisamente più grandi di quelli prodotti dal formato TIFF o JPEG, non possono venire utilizzati, se prima non vengono sviluppati attraverso l’impiego di applicazioni dedicate. Come plus, però, conservano la qualità massima offerta dal sensore e consentono interventi molto sofisticati su numerosissimi parametri legati allo scatto, alla fotocamera e all’obiettivo usato, oltre al fatto che tutte le modifiche non vengono apportate direttamente sul file, ma conservate in un secondo file accessorio, in formato XML, garantendo così interventi completamente reversibili,
Per saperne di più sullo sviluppo digitale dei file RAW.
Credo che possa bastare, altrimenti i grattacapi mi sa che ve li sto dando io!
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