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Quale spazio colore scegliere?


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Spesso ho a che fare con entusiasti principianti: sono una razza  fantastica, perché appassionati e curiosi, ma anche facili alla confusione… Uno degli argomenti il principiante salta a piè pari, a volte per paura di aprire la strada a chissà quali irrimediabili disastri, è l’impostazione dello spazio colore.

Intanto cominciamo con cercare di dare una definizione di spazio colore. Lo spazio colore è la gamma dei possibili colori che la nostra fotocamera è in grado di riprodurre. Ecco la prima delusione per chi comincia: ebbene sì, la nostra macchina fotografica, non importa quanto costosa, non è grado di riprodurre una palette colori infinita. La cosa però non ci deve preoccupare più di tanto, i colori che abbiamo a disposizione bastano e avanzano per descrivere la realtà, dipende dalle impostazioni che sceglieremo a determinare i colori delle nostre foto e soprattutto delle nostre stampe.

Le macchine fotografiche, anche i modelli entry level, offrono  almeno un paio spazi colore tra i quali scegliere:

  1. sRGB

  2. Adobe RGB

Vediamo le differenze più significative, a livello pratico, tra i due spazi colore a disposizione

sRGB Si tratta di uno spazio con una gamma cromatica più ridotta rispetto all’Adobe RGB. Il vantaggio di questo spazio colore è la capacità di produrre immagini più sature, generalmente definite più belle a prima vista, ma con una gamma di sfumature decisamente più ristretta. È lo spazio ideale se i vostri scatti sono finiti, cioè pensati per essere distribuiti immediatamente e visti prevalentemente a monitor – i colori sono più brillanti e saturi, perfetti per il monitor.

Spazi colore

Differenza di gamma dei colori riproducibili nei due spazi colore


Adobe RGB Si tratta dell’altro spazio colore standard. Offre, rispetto allo spazio sRGB, un gamut (gamma) più esteso e quindi una rappresentazione cromatica  più fedele, con sfumature più precise. Il rovescio della medaglia è però rappresentato da immagini meno, incise, più tenui. Questo spazio colore è in  indicato per chi poi pensa di intervenire in post-produzione, grazie al fatto, appunto, che il materiale grezzo  digitale offre maggiori possibilità. Per la sua resa più precisa e più delicate dei colori, è lo spazio ideale per scattare i toni della pelle.

Io personalmente scatto utilizzando lo spazio coloro Adobe RGB, che, combinato con il formato RAW, offre il massimo delle prestazioni cromatiche della propria fotocamera.

GESTIRE IL COLORE ALL’INTERNO DEL FLUSSO DI LAVORO Benvenuti ad uno degli argomenti più spinosi nella fotografia digitale, Nel flusso di lavoro macchina-monitor-stampante le insidie sono disseminate ovunque.

Quante volte avete scattato una foto, convinti di aver appena portato a casa un piccolo capolavoro, l’avete controllata nel piccolo monitor della macchina, l’avete scaricata e gli aveva dato un’aggiustatura con Photoshop, per poi incassare una delusione cocente, una volta stampata? Eppure a monitor sembrava così bella! Capita, capita spesso, purtroppo. Quali sono i motivi?

Eccone i principali:

  1. spazio colore non adeguato

  2. bassa qualità del monitor

  3. calibrazione del monitor errata

  4. bassa qualità della stampante

  5. profilo di stampa errato

  6. inchiostri scadenti

  7. carta scadente

Implementare un corretto flusso di lavoro che produca stampe soddisfacenti e che lo sappia fare con una certa continuità non è un’operazione semplicissima.

Spesso il nodo meno semplice da sciogliere è quello rappresentato dal monitor. A coloro che volessero fare le cose serie, io consiglio di non scegliere un monitor di primo prezzo, e possibilmente di optare per un modello dedicato alla fotografia. Questo non basta, il monitor, anche se di altissima fascia, va calibrato. Il mercato offre una scelta piuttosto ampia di strumenti software e hardware+software per calibrare il monitor, ma qualche volta l’operazione non è una passeggiata e richiede una certa predisposizione e una certa pazienta. Spesso l’utente meno esperto smanetta sul proprio monitor per ottenere immagini belle da vedere. Questo non significa calibrare il monitor! È soltanto una perdita di tempo, a meno che il vostro monitor non sia la destinazione finale delle vostre foto. Calibrare il monitor significa adattare il dispositivo all’ambiente di lavoro e alla stampante, per ottenere colori più fedeli.

La calibrazione del monitor rappresenta il 50% del lavoro, il resto è legato alla calibrazione della stampante. Eccezion fatta per i modelli più economici, attraverso utility software proprietarie è possibile intervenire sulle prestazioni della propria stampante e cercare di raggiungere risultati convincenti – più la stampante è di fascia alta e professionale e più le possibilità di personalizzazione e di calibrazioni si ampliano.

Approdare ad un sistema calibrato non è una questione che si risolve in pochi minuti. Se mi permettete, vi dò due consigli:

  1. NON LASCIATEVI INGANNARE DALLA BRILLANTEZZA DEI COLORI DEL MONITOR – nessuna carta e nessuna stampante potranno mai eguagliarla, ma una attenta calibrazione potrà ridurre lo scarto.

  2. CONTROLLATE SEMPRE LO STATO DELLA VOSTRA STAMPANTE (pulizia degli ugelli, allineamento delle testine, quantità inchiostri e qualità inchiostri).

… qualcuno potrebbe essersi spaventato, non era mia intenzione, ma la questione riproduzione dei colori è uno degli aspetti più ostici, magari ci torneremo sopra ancora.

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