LESS IS MORE. Meno è meglio e nella fotografia di ritratto è ancora più vero, se possibile. Il motto coniato dall’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe per indicare la rivoluzionaria filosofia progettuale che contraddistinse il Movimento Moderno è la locuzione perfetta che dovrebbe guidarci nel creare un ritratto fotografico. Meno è meglio, per cui, CERCHIAMO DI MANTENERE LE COSE SEMPLICI!
Personalmente credo fermamente che la buona fotografia passi per la semplicità e per la capacità di scattare immagini che sappiano mantenere tutto il loro potere evocativo ed emozionante, pur poggiando su inquadrature, come piace chiamarle a me, asciutte.

Alberto Franceschini, ritratto nella palestra di boxe che fu set del film “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti.
La semplicita’ nel ritratto ambientato
Semplice non significa banale. Semplice significa diretto, chiaro, comprensibile, tutti aggettivi che in fotografia concorrono a creare immagini memorabili. Quando abbiamo a che fare con un ritratto ambientato, dobbiamo fare i conti con la porzione di mondo che decidiamo di includere nell’inquadratura. L’ambiente ha il compito di contestualizzare il soggetto che stiamo ritraendo, fornendo informazioni – reali o simboliche – sulla storia che stiamo raccontando a chi poi guarderà lo scatto.
Chi di noi ha poca esperienza, qualche volte, sottovaluta la voce dell’ambiente, senza rendersi conto che sovrasta quella del soggetto principale. È facile lasciarsi prendere in contropiede dall’ambiente. Se spostiamo la nostra attenzione sulla distribuzione degli spazi all’interno dell’inquadratura, ci rendiamo conto che in un ritratto ambientato, lo spazio che occupa l’ambiente nell’inquadratura è decisamente più vasto, rispetto a quello occupato dal soggetto. In seconda battuta, anche il semplice fatto che l’ambiente possa includere svariati oggetti, di forme e colori diversi, nasconde qualche insidia per il risultato finale. Ecco perché DOBBIAMO mantenere le cose semplici.
Se possiamo intervenire sull’ambiente, non pensiamoci due volte: facciamolo. Togliamo tutto ciò che potrebbe infastidire il nostro soggetto – che non significa finire a scattare di fronte ad un muro tutte le volte, ma piuttosto ragionare su come gli elementi inquadrati e appartenenti all’ambiente potrebbero influenzare negativamente il nostro scatto. Se invece non possiamo togliere nulla (ad esempio, alberi o case), facciamo tesoro del perimetro dell’inquadratura, escludendo tutto ciò che non serve.
Esaltiamo il soggetto del nostro ritratto
Non dimentichiamoci mai che in un ritratto ambientato tutto deve essere funzionale al soggetto e personalmente credo che più si vada nella direzione della semplicità e più le cose funzionino.

In questo scatto, ho ritratto Alberto Franceschini nello scantinato dell’Arci Bellezza di Milano, che un tempo ospitava la palestra di boxe usata nel film di Visconti “Rocco e i suoi fratelli”. Franceschini, che ora ricopre il ruolo di responsabile nazionale delle ARCI, nei primi anni ’70 diventò tristemente famoso per essere stato, con Renato Curcio e Mara Cagol, fondatore e capo storico delle Brigate Rosse. Arrestato nel 1974, Franceschini ha scontato 18 anni di carcere, durante i quali ha preso le distanze dai crimini delle Brigate Rosse, senza però mai rinnegarne né appartenenza, né gli ideali che lo spinsero alla lotta armata. Ho cercato di mantenere le cose semplici, asciugando il più possibile l’inquadratura, in modo da poter dare molto spazio all’ambiente, senza che questo togliesse attenzione al soggetto. Il luogo ispira una certa sacralità decadente, mentre la posa, assunta spontaneamente da Franceschini, lascia intravvedere uno spirito mestamente fiero. Ho mantenuto soltanto due elementi presenti nella vecchia palestra, un sacco da allenamento e due guantoni da pugilato, un po’ come a richiamare battaglie (perdute) lontano nel tempo. Al di là del fatto che sia riuscito o meno a raccontare la storia che avevo in mente – e credo di esserci riuscito – mi sono concentrato nell’organizzare il fotogramma e i pesi visivi che ogni elemento ha all’interno dell’inquadratura.
La semplicita’ va costruita
Chi si aspetta che la semplicità si presenti per incanto, materializzandosi dal nulla nelle inquadrature dei nostri ritratti ambientati, è fuori strada. La semplicità dell’inquadratura va cercata e spesso è necessario provare alternative diverse, prima di arrivare ad un risultato semplicemente buono. Ma gli sforzi impiegati per ottenere inquadrature asciutte, che al tempo stesso funzionano, ve lo garantisco, verranno tutti ripagati – e con gli interessi.
Organizziamo il fotogramma
La linea che separa la semplicità da un’inquadratura vuota è sottilissima e dobbiamo stare molto attenti a non varcarla. Non sono parole mie, ma di Mary Ellen Mark, fotografa ritrattista americana scomparsa tre anni fa dal talento è tanto assoluto. Credo che la Mark abbia perfettamente ragione. Un conto è cercare la semplicità, un altro è scadere nella sciatteria o nell’incuria. Mi permetto di aggiungere che più è semplice la nostra inquadratura e maggiore cura dovremo dedicare alla composizione. Valutiamo con attenzione il peso visivo di ogni elemento inquadrato, analizziamo le armonie cromatiche, i contrasti, ragioniamo sucome cade la luce e se i rapporti di illuminazione tra i vari elementi sono quelli che ci aspettiamo nel risultato finale.
Non perché lavoriamo con meno elementi, possiamo lavorare con meno cura, anzi, dovremmo imparare a ragionare al contrario: meno elementi, maggiore dovrà essere la cura con la quale componiamo.
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