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Un primo approccio alla psicologia del ritratto fotografico

Cosa ci spinge a fotografare la gente?

La risposta a questa domanda non potrebbe essere più personale, più soggettiva, quasi più intima.

Scegliere di fotografare un volto è un’azione di altissima consapevolezza fotografica, anche perché coinvolge due realtà, dinamiche e in continua evoluzione.

Scegliere di scattare un ritratto è molto diverso da scegliere di scattare un panorama. ATTENZIONE! Non sto dicendo che una scelta sia superiore all’altra, sto dicendo che quello che ci spinge a farla, questa scelta, è qualcosa di molto diverso.

Quando decidiamo di scattare un panorama, il nostro soggetto è completamente a disposizione ed interessato da cambiamenti ed evoluzioni piuttosto lenti e, quanto meno, prevedibili.

Quando invece decidiamo di scattare un ritratto, ci confrontiamo con una realtà, quella del nostro soggetto, del tutto simile alla nostra, dinamica, in movimento e, nella maggior parte dei casi, non prevedibile.

Questo complica le cose, ma, per lo meno secondo me, le rende più intriganti.

Non so cosa vi spinga scattare un ritratto. So cosa spinge me: la possibilità di raccontare una storia unica e molto personale, una storia soltanto mia.


Alberto Franceschini - BR - ARCI

© Walter Meregalli – Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse e ora presidente delle ARCI, ritratto nella palestra di boxe che fu set del film “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti.


Fotografare la gente ha poco a che fare con la fotografia

La fotografia di ritratto è, tra tutte le possibili fotografie, quella che meno ha a che fare con tempi e diaframmi.

La fotografia di ritratto è psicologia, semantica, filosofiasociologia. Ovvio che un filo faccia paura…

Quando scattiamo un ritratto, facciamo qualcosa più vicino alla psicologia, alla filosofia, alla semantica e alla sociologia, che non alla fotografia, in senso stretto. In un ritratto riuscito, il volto del nostro soggetto si trasforma in un archetipo. C’è più Platone in un ritratto che non in alcune pagine di manuali storia della filosofia. U

Un ritratto memorabile propone idee, predicati universali, significanti.

Guardia sikh

© Walter Meregalli – Guardiano del tempio. La bellezza di questo volto credo sia molto prossima all’assoluto, senza per questo concedere nulla né all’ovvio né al posticcio.


Non basta un volto

Proprio così, non basta un volto per generare un ritratto memorabile.

Il materiale umano è la materia grezza per ogni ritratto. Dev’essere di prima scelta, va lavorato con cura e con passione, va gestita, ma, soprattutto, bisogna conoscerlo e va capito.

A meno che non si tratti di un assignment, non accontentiamoci, cerchiamo del materiale umano valido, potente, che sappia evocare. Impariamo a cercare il materiale umano giusto, altrimenti non riusciremo mai a realizzare un ritratto davvero potente.

Prima di concentrarci sulla lente giusta, sull’inquadratura giusta, sulla composizione giusta, concentriamoci sulla faccia e domandiamoci: È DAVVERO LA FACCIA GIUSTA?

Se la risposta a questa domanda fondamentale sarà sì, allora ci toccherà anche sbrogliare il resto, che è più specifico della fotografia, altrimenti, continuiamo a cercare.

Davvero una questione di millimetri?

La focale, comunque, influisce sul risultato finale.

I puristi del ritratto fotografico indicano l’85mm focale fissa come l’obiettivo migliore per scattare ritratti.

Privo delle aberrazioni prospettiche delle focali più ridotte e non ancora influenzato dallo schiacciamento della prospettiva prodotto dai teleobiettivi, l’85 millimetri, si incorona “obiettivo principe per la fotografia di ritratto”. I modelli prodotti dalle più note case offrono un bokeh estatico e aperture significative (f:1,4, senza batter ciglio…).

L’assenza di vignettatura, i diaframmi estremamente aperti e l’impiego di lenti dalla qualità superiore, responsabili di bokeh capaciti di indurre l’estasi, hanno fatto sì che gli 85 mm prime lens di Nikkor, Canon e Sigma diventassero la lente più ambita dai ritrattisti,  ma anche la più performante. Personalmente posseggo un Nikkor 85mm f:1,4 e, ogni volta che lo monto per scattare un ritratto, provo un pizzico alla bocca dello stomaco (!).

Se è vero che con una focale compresa tra i 70mm e gli 85mm si ottiene, forse, il risultato migliore, non è affatto vero che non ci si possa avventurare verso focali decisamente più contenute o più spinte.


rajasthan - jaisalmer - fisheye

© Walter Meregalli – Rajasthani in 8mm – Questo  ritratto, scattato a Jaisalmer, è stato realizzato con un 8mm, un obiettivo comunemente chiamato “fisheye” e solitamente relegato a pochissimi scatti panoramici. A me piace provare a sdoganarlo e a impiegarlo in un ambito fotografico, quello del ritratto, forse il più lontano da quello pensato in origine per questa focale ridottissima.


La sfida da vincere: tele e grandangolo

Si possono scattare buoni ritratti anche con un 24mm! Poco, ma sicuro. Così come si possono portare a casa eccellenti ritratti anche montando un tele.

Scattare con grandangoli e teleobiettivi implica maggior pianificazione e un più attento uso della composizione.

Se decidiamo di usare focali piuttosto corte, o per contro decisamente più spinte di 85mm, ricordiamoci sempre le caratteristiche tecniche delle nostre ottiche. Ad esempio, se scegliessimo di montare un 24mm, è bene che ci si ricordi che quel tipo di lente tende ad esasperare la prospettiva, ad inclinare le verticali, se l’inquadratura non è parallela al terreno, e ad estendere oltre modo la profondità di campo.

Vogliamo diversificare i nostri ritratti: sperimentiamo con focali diverse.

Questo è soltanto il primo di una breve serie di articoli dedicati al ritratto fotografico, senza sprecare tempo ad elencare modi con i quali disporre luci (che non possediamo) o pose da far assumere ai nostri soggetti (che regolarmente dimenticheremo, divorati dall’ansia).

Nei prossimi articoli affronterò il valore della spontaneità, la differenza tra un ritratto rubato ed uno posato, l’ansia che assale il fotografo e quella che invece divora il soggetto. Affronterò il tema del mood e del tono di voce, i problemi specifici dei ritratti ambientati e altro ancora, che in questo momento non mi arriva ai polpastrelli.

Spero questi articoli, tutti originali ed esclusivi per i membri del gruppo di Fotografia in Viaggio, riescano in qualche modo ad avvicinarvi al ritratto fotografico, per una volta non spacciando trucchetti del mestiere, ma provando ad affrontare l’argomento dal basso.

#fotografiainviaggio #photoavventure #ritratto #WalterMeregalli

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